La parità di genere è un diritto umano fondamentale riconosciuto a livello internazionale.
Nel corso degli ultimi decenni più ragazze nel mondo hanno avuto accesso all’istruzione, è diminuito il numero di spose bambine, più donne hanno guadagnato un posto in parlamento o in posizioni di responsabilità e gli assetti normativi si sono gradatamente allineati alla necessità di garantire uguali diritti ad entrambi i sessi. Ma restano importanti sfide da affrontare, rese ancora più ardue dagli effetti della pandemia che ha esacerbato le ineguaglianze per donne e ragazze in ogni campo: dalla salute all’economia, finanche alla sicurezza e alla protezione sociale.
Il rapporto di UN Women sull’avanzamento degli obiettivi del Millennio con particolare riferimento al genere femminile rende in maniera evidente la distanza che ancora ci separa da un’effettiva parità di genere a livello mondiale. 380milioni di donne e ragazze nel mondo vivono in condizioni di estrema povertà, e una donna su tre è stata colpita da una moderata o grave insicurezza alimentare. Lato sanità, 1.2 miliardi di donne in età riproduttiva vivono in aree in cui mancano le condizioni per un aborto sicuro, mentre 102milioni vivono in luoghi in cui l’aborto è proibito del tutto. L’accesso all’educazione formale rimane ancora limitato per milioni di ragazze, il 54% delle quali vive in aree di crisi. Riferendoci nello specifico all’Obiettivo 5 – eliminare qualsivoglia forma di discriminazione nei confronti delle donne ovunque e in ogni ambito – allo stato attuale si stimano ancora 286 anni perché le leggi discriminatorie vengano abolite e vengano colmate le lacune legislative in materia di protezione dei diritti delle donne. Nel 2021, una donna su dieci, tra i 15 e i 49 anni, ha subito violenza domestica. La mutilazione genitale è ancora fortemente diffusa in Africa Subsahariana (24,7% delle donne ne sono state vittime nel 2021) ma, sebbene i progressi non siano sufficienti per arrivare alla totale eliminazione per il 2030, 4.475 comunità (48% in più rispetto al 2020) hanno assunto pubblicamente l’impegno di vietare tale pratica. L’Unione Europea ha adottato per il quinquennio 2020-2025 un’apposita strategia per la parità di genere in Europa. Tra gli obiettivi principali spiccano: l’eliminazione della violenza di genere; la lotta contro gli stereotipi sessisti; il raggiungimento della parità nella partecipazione ai diversi settori economici; una maggiore attenzione al problema del divario retributivo e pensionistico; il conseguimento dell’equilibrio di genere nel processo decisionale e nella politica. In tale ottica, il 4 marzo 2022 la Commissione europea ha emesso una Raccomandazione per l’adozione di misure vincolanti in materia di trasparenza salariale. Datata 8 marzo 2022, invece, è la proposta di direttiva per combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica, ideata con lo scopo di introdurre norme minime per i diritti di questo gruppo di vittime e configurare come reato le forme di violenza contro le donne e la violenza online.
Nel panorama di miglioramenti, da un lato, e criticità radicate, dall’altro, si inserisce la tragica vicenda di Mahsa Amini, donna curda iraniana che, il 13 settembre 2022, è stata arrestata dalla cosiddetta polizia “morale” iraniana per non aver rispettato l’obbligo di indossare il velo. Testimoni oculari raccontano di aver assistito alle percosse subite dalla donna mentre veniva condotta con la forza nel centro di detenzione di Vozara a Teheran. Trasferita all’ospedale di Kasra dopo essere entrata in coma, è morta tre giorni dopo.
Una barbarie che continua a perpetrarsi anche nei confronti dei manifestanti iraniani che si sono riuniti a difesa delle donne: morti e feriti sono stati registrati nelle province di Alborz, Esfahan, Ilam, Kohgilouyeh e Bouyer Ahmad, Kermanshah, Kurdistan Manzandan, Semnan, Teheran e Azerbaigian occidentale, ad opera della Guardia rivoluzionaria, delle forze paramilitari basiji e di agenti in borghese. La libertà calpestata delle donne iraniane ha destato lo sdegno dell’opinione pubblica a livello mondiale, ma ancor più ha fatto il coraggio di difendere i propri diritti anche a costo della vita. Un prezzo che ancora troppe donne pagano – sul lavoro, tra le mura domestiche, sotto regimi totalitari – e che ancora troppo spesso rimane nel silenzio.