Nel precedente numero di Migrazioni abbiamo introdotto l’importanza del diritto al gioco per la crescita e lo sviluppo di bambini e adolescenti. In alcune aree del mondo, tuttavia, tale sacrosanto diritto viene quotidianamente disatteso e sostituito da pratiche di sfruttamento a danno dei minori. In Senegal, ad esempio – dove Associazione Don Bosco 2000 è presente dal 2016 – la violenza nei confronti dei bambini è diffusa, sebbene non adeguatamente documentata.
Per molti, troppi bambini, i luoghi in cui dovrebbero essere al sicuro, la propria casa, la scuola, la comunità in cui vivono, si trasformano luoghi di violenza, abusi o sfruttamento. Secondo quanto riportato da Unicef[1], nel 2014 circa 30mila bambini, soprattutto maschi, mendicavano nelle strade di Dakar. In un limbo che li allontana sempre più dal circuito scolastico e della sanità. Inoltre, in assenza di documenti questi giovani diventano invisibili.
Vivono in condizioni di estrema povertà e precarietà ed è facile riconoscerli perché portano a tracolla una latta di conserva di pomodoro – rossa e ben visibile – che usano per chiedere l’elemosina. Si possono incontrare agli incroci, intorno a fuochi improvvisati e negli spazi pubblici dei centri urbani (mercati, moschee, banche, etc.). Abbandonati dalle loro famiglie, in molti arrivano a Dakar per fuggire dalla povertà delle campagne senegalesi, mentre altri provengono dagli Stati limitrofi (Mali, Guinea Bissau, Guinea Conakry, Gambia, Niger e Costa d’Avorio).
Spesso sfruttati, i piccoli mendicanti vengono privati dei loro diritti fondamentali, dall’istruzione di base alla salute, e sono esposti a violenza, abusi e persino alla tratta di esseri umani. Il loro sviluppo fisico, emotivo e psicologico è seriamente messo a rischio e la probabilità che entrino in conflitto con la legge o che abusino di alcool e sostanze stupefacenti è altissima. Malattie e sottoalimentazione rappresentano la condizione comune di questi bambini che solitamente, soprattutto i più piccoli, hanno un accesso limitato ai programmi di assistenza.
Nella maggior parte dei casi (circa il 90%) i piccoli mendicanti sono dei bambini talibé, ovvero bambini che sono stati affidati dalle proprie famiglie ad un marabout, un maestro del Corano, il quale dovrebbe farsi carico del loro mantenimento e della loro educazione religiosa. Spesso dietro a ciò si nasconde, però, un vero e proprio meccanismo di sfruttamento per cui il marabout costringe i bambini a lui affidati a mendicare per strada, legittimato da una visione tradizionale per cui la mendicità ha un valore pedagogico in quanto simbolo di umiltà. I talibé sono quindi bambini che vivono lontani dalle famiglie e che trascorrono gran parte della giornata ad elemosinare il necessario per sopravvivere e per poter versare al maestro una cifra giornaliera che basti ad evitare le violenze che egli spesso infligge se l’importo consegnatoli non è sufficiente.
Un’altra categoria di bambini mendicanti è quella dei fakhman. Si tratta in genere di adolescenti che hanno lasciato la famiglia, il villaggio o la scuola coranica a causa di maltrattamenti fisici o psicologici. Frustrati e maltrattati sono affascinati dal mondo della città e scelgono di vivere per strada dove tutto è possibile. Essere fakhman conferisce un’appartenenza comunitaria e identitaria: si vive in gruppo, in bande molto strutturate e gerarchizzate formate da 30-60 ragazzi. I più giovani ed i nuovi membri sono schiavizzati dai più grandi e, in cambio di protezione, procurano il cibo per tutti. I fakhman sono totalmente al di fuori di ogni controllo sociale e vivono di elemosina, piccoli furti e di quanto trovano nella spazzatura. Violenza, furti, droga, rifiuto della società e morte sono il loro quotidiano.[2]
E portare questi bambini fuori da limbo è estremamente difficile. In Senegal, il censimento della popolazione si attesta al 70%, in particolare nei villaggi periferici, il che influisce negativamente anche sulle cure mediche o sulle campagne vaccinali, inesistenti in alcune aree come Tambacounda. Per non parlare della recrudescenza di pratiche estremamente pericolose come le mutilazioni genitali femminili, che riguarda almeno il 14% delle giovani donne sotto i 15 anni.
L’oratorio di Veligara Pont, nella regione di Tambacounda, in Senegal nasce dal desiderio di Associazione Don Bosco 2000 di intervenire nell’area non solo con progetti di sostenibilità economica, ma anche sul sistema educativo.
“L’oratorio è una cosa bellissima per noi, facciamo tantissime cose con i bambini, incontri, riunioni, formazione. Teniamo il corso di lingua francese e italiana. Ogni sabato e domenica abbiamo più di cinquanta bambini che frequentano l’oratorio, distribuiamo la merenda ai più bisognosi”, spiega Amara, cooperante dell’Associazione. Molto importante è il dispensario per la somministrazione delle cure mediche. L’iniziale difficoltà nel trovare volontari italiani che si recassero in loco periodicamente si è risolta nel migliore dei modi: due medici locali hanno offerto la loro disponibilità per tenere aperto il dispensario tutti i giorni della settimana, dato l’alta richiesta di cure all’interno del villaggio.