A soli nove anni il sogno che segnò il suo cammino, e quello di tanti giovani che incrociarono la sua strada. “Migrazioni” dedicherà il mese di gennaio a Giovanni Melchiorre Bosco, meglio noto come Don Bosco, una figura che ha saputo anticipare i tempi con un sistema educativo efficace e in grado di superare le ingiustizie e le disuguaglianze; tanto che, nel 1988, Giovanni Paolo II lo dichiarò “padre e maestro della gioventù”.
“All’età di nove anni ho fatto un sogno, che mi rimase
profondamente impresso nella mente per tutta la vita. Nel
sonno mi parve di essere vicino a casa, in un cortile assai
spazioso, dove stava raccolta una moltitudine di fanciulli,
che si trastullavano. Alcuni ridevano, altri giocavano, non
pochi bestemmiavano. All’udire quelle bestemmie mi sono
subito lanciato in mezzo di loro, adoperando pugni e parole
per farli tacere.
In quel momento apparve un uomo venerando, in virile età,
nobilmente vestito. Un manto bianco gli copriva tutta la
persona; ma la sua faccia era così luminosa, che io non
potevo rimirarlo. Egli mi chiamò per nome e mi ordinò di
pormi alla testa di quei fanciulli aggiungendo queste parole:
– Non con le percosse, ma con la mansuetudine e con la
carità dovrai guadagnare questi tuoi amici. Mettiti dunque
immediatamente a fare loro un’istruzione sulla bruttezza
del peccato e sulla preziosità della virtù.
Confuso e spaventato soggiunsi che io ero un povero ed
ignorante fanciullo, incapace di parlare di religione a quei
giovanetti. In quel momento que’ ragazzi cessando dalle
risse, dagli schiamazzi e dalle bestemmie, si raccolsero tutti
intorno a colui che parlava.
Quasi senza sapere che mi dicessi, soggiunsi:
– Chi siete voi che mi comandate cosa impossibile?
– Appunto perché tali cose ti sembrano impossibili, devi
renderle possibili con l’ubbidienza e con l’acquisto della
scienza.
– Dove, con quali mezzi potrò acquistare la scienza?
– Io ti darò la maestra, sotto alla cui disciplina puoi
diventare sapiente, e senza cui ogni sapienza diviene
stoltezza.
– Ma chi siete voi, che parlate in questo modo?
– Io sono il figlio di colei, che tua madre ti insegnò di
salutare tre volte al giorno.
– Mia madre mi dice di non associarmi con quelli che non
conosco, senza suo permesso; perciò ditemi il vostro nome.
– Il mio nome domandalo a mia madre.
In quel momento vidi accanto a lui una donna di maestoso
aspetto, vestita di un manto, che risplendeva da tutte le
parti, come se ogni punto di quello fosse una fulgidissima
stella. Scorgendomi sempre più confuso nelle mie domande
e risposte, mi accennò di avvicinarmi a lei, mi prese con
bontà per mano e mi disse:
– Guarda.
Guardando mi accorsi che quei fanciulli erano tutti fuggiti
ed in loro vece vidi una moltitudine di capretti, di cani, orsi
e di parecchi altri animali.
– Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare. Renditi umile,
forte e robusto: e ciò che in questo momento vedi
succedere di questi animali, tu dovrai farlo per i miei figli.
Volsi allora lo sguardo ed ecco invece di animali feroci,
apparvero altrettanti mansueti agnelli, che, saltellando,
correvano attorno belando, come per fare festa a
quell’uomo e a quella signora.
A quel punto, sempre nel sonno, mi misi a piangere, e
pregai a voler parlare in modo da capire, poiché io non
sapevo quale cosa volesse significare. Allora ella mi pose la
mano sul capo dicendomi:
– A suo tempo tutto comprenderai.
Ciò detto, un rumore mi svegliò; ed ogni cosa disparve.
lo rimasi sbalordito. Mi sembrava di avere le mani che mi
facessero male per i pugni che avevo dato, che la faccia mi
dolesse per gli schiaffi ricevuti. Quel personaggio, quella
donna, le cose dette e quelle udite, mi occuparono talmente
la mente che, per quella notte, non mi fu più possibile
prendere sonno.”