LE LIMITAZIONI ALLA PROTEZIONE SPECIALE INTRODOTTE DAL DL CUTRO, VERSO UNA“GENERAZIONE CLANDESTINA”.

Il DL Cutro è diventato legge il 4 maggio 2023. Tra le varie modifiche, le limitazioni alla protezione speciale destano gravi preoccupazioni per le conseguenze che avranno sulla vita di migliaia di migranti. Non solo per chi è in procinto di lasciare il proprio Paese, ma anche per chi già da anni vive e lavora in Italia, dove si è perfettamente integrato.

La protezione speciale è il permesso di soggiorno rilasciato nei casi in cui la Commissione territoriale non riconosca al cittadino straniero richiedente asilo né lo status di rifugiato né la protezione sussidiaria, ma ritiene ricorrano i presupposti di proteggere la persona dall’espulsione o dal respingimento verso uno Stato in cui possa essere oggetto di persecuzione (per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale, di identità di genere di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali), o vi siano fondati motivi di ritenere che lo straniero, in caso di espulsione, rischi di essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani o degradanti.

La protezione speciale ha sostituito quella umanitaria cancellata dal decreto sicurezza del 2018, uno strumento di fondamentale importanza perché serviva a dare piena attuazione, insieme alle altre forme di protezione, del 3 comma dell’articolo dieci della costituzione: “può chiedere asilo chiunque non possa godere delle libertà democratiche della nostra Costituzione.

Fino alle modifiche introdotte con il decreto Cutro, la protezione speciale aveva durata biennale, il suo rinnovo era subordinato ad una rivalutazione della situazione da parte della commissione territoriale, poteva essere convertita in permesso di lavoro e inoltre poteva essere anche direttamente rilasciata dal Questore, previo parere delle Commissioni territoriali.

Il nuovo Decreto prevede che la protezione speciale non potrà essere convertita in permesso di lavoro, potrà solo essere rinnovata. “Le proposte e le modifiche introdotte dal dl Cutro determinano una restrizione della protezione speciale che la depotenzia ancora una volta e di fatto la rende impossibile da ottenere”, ha dichiarato Agostino Sella, Presidente di Associazione Don Bosco 2000, “in questo modo abbandoniamo i migranti non solo in mare ma anche nella nostra moderna società che di fatto genererà fantasmi senza documenti ed identità”.

La protezione, inoltre, non potrà più essere richiesta direttamente al questore. Viene garantito il permesso di non respingimento ma si restringono le voci “mediche e calamità naturali” per cui poteva essere rilasciata. Infatti ora si parla di “gravi calamità contingenti ed eccezionali”, con una durata del permesso di soli sei mesi e rinnovabili, sembrerebbe, solo una volta. Le cure mediche per cui si può richiedere la protezione speciale fanno riferimento solo a patologie particolari che non possono essere trattate nei Paesi d’origine. Scompare quindi la parola “psicofisiche” che allargava la possibilità di chiedere il permesso.

Un grave passo indietro che pecca di coerenza se si pensa che la protezione speciale fu istituita per sopperire all’abolizione della protezione umanitaria, intervenuta con il decreto sicurezza del 2018. La decisione, tramite d.lgs 25/08, fu conseguenza di una sentenza della Corte di Cassazione che giudicò incostituzionale la revoca della protezione umanitaria, nonché contraria all’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, recante “ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza”.

Associazione Don Bosco 2000 accoglie all’interno dei suoi centri Sai diversi ragazzi che attualmente godono della protezione speciale. Nel centro Sai di Piazza Armerina, su 50 ospiti, 20 hanno un permesso di soggiorno per protezione speciale. “Alcuni di loro hanno permessi in scadenza che, se passa il nuovo decreto, non potranno più rinnovare”, spiega Samantha Barresi, coordinatrice del centro, “se non riusciranno a convertire il permesso di soggiorno in permesso per lavoro entreranno nella clandestinità. Stiamo parlando di persone che hanno un lavoro, si sono costruiti una vita in Italia, hanno acquistato una casa, ma non hanno tutti i requisiti per rinnovare il permesso”.

Molti ragazzi dei centri lavorano nella ristorazione, alcuni in agriturismi, altri nelle lavanderie di Piazza Armerina, e le aziende della cittadina ennese condividono la preoccupazione per il loro futuro.

La cancellazione della protezione speciale getterà nella clandestinità migliaia di esseri umani e non fermerà certamente il flusso di persone che fuggono da guerre, persecuzioni e carestie”, prosegue l’Associazione in una petizione che vuole arrivare al Presidente Mattarella[1], “percorsi d’integrazione ben avviati verranno interrotti, chi ha imparato l’italiano, trovato un lavoro o seguito un corso di formazione professionale o scolastico, con la prospettiva di un’assunzione futura, si troverà per strada. Persino i legami familiari verranno lacerati”.

Il rischio di un restringimento della protezione speciale, infatti, è quello di produrre un effetto opposto rispetto a quello pubblicizzato dal Governo. Aumenteranno il disagio sociale e lo sfruttamento di manodopera a nero da parte delle organizzazioni criminali verso le quali le persone, private di protezione, saranno spinte. Non miglioreranno di certo né la coesione sociale, né la sicurezza urbana. I rifugiati che non otterranno l’asilo rimarranno per lo più in Italia come irregolari, dando vita ad una nuova “Generazione clandestina”.

[1] Firma la petizione qui: https://www.change.org/p/fermate-questa-follia-la-protezione-speciale-non-si-tocca?cs_tk=Ap0iE5TpegDVTch_VWQAAXicyyvNyQEABF8BvB2u5leEaSsXx9OwgQeqxyw%3D&utm_campaign=422598337a4547aea25117a40c7486af&utm_content=initial_v0_2_0&utm_medium=email&utm_source=recruit_sign_digest&utm_term=cs.