L’IMPRESA SOCIALE PER L’INTEGRAZIONE, UN PONTE TRA CONTINENTI PER LE GENERAZIONI FUTURE

Attraverso i precedenti numeri di “Migrazioni” abbiamo delineato il quadro delle difficoltà economiche e sociali che caratterizzano alcune aree dell’Africa Occidentale. Precarietà che generano inevitabilmente un desiderio di migliorare la propria condizione per trovarne una migliore, anche temporanea, altrove. Ed è qui che l’istinto migratorio, perché sia fruttuoso non solo per chi parte ma anche per chi rimane, deve incontrarsi con la cooperazione circolare che può trovare nell’impresa sociale un ponte di culture e competenze.

II dati che emergono dal Rapporto sulle Migrazioni della Fondazione Ismu per il 2021 rivelano la presenza di 519mila migranti irregolari sul territorio italiano. Gli sbarchi sulle coste italiane nel 2020 sono stati oltre 34mila, circa il triplo di quanti registrati nel 2019, e sono saliti a 67.040 nel 2021.¹ Come noto, le motivazioni che spingono molte popolazioni alla partenza, pagando cifre insostenibili e mettendo a rischio la propria vita, sono le più disparate.
Prendendo ad esempio la regione di Tambacounda, in Senegal, caratterizzata da un tasso di povertà tra i più alti al mondo, le fasce più propense a emigrare sono quelle tra i 25-34 anni e tra i 35-44. Secondo un’indagine condotta da VIS nel 2017, il 64% si è autofinanziato il viaggio attraverso la vendita di beni (29,9%) o dando fondo ai propri risparmi (39,3%). Spesso anche le famiglie di appartenenza sono chiamate a contribuire economicamente, in particolare durante l’attraversamento del Sahel dove i trafficanti chiedono ingenti somme di denaro per consentire ai migranti di arrivare in Libia. Tra le motivazioni principali per emigrare, vi è il desiderio di cambiare la propria posizione sociale.
Un desiderio lecito ma che in molte occasioni viene disatteso e sfruttato per attività che sfuggono dalle maglie della legalità. Come riportato dalla prima indagine nazionale su “Le condizioni abitative dei migranti che lavorano nel settore agroalimentare”, firmato da Anci e Ministero del Lavoro, infatti, in Italia si contano 10.000 lavoratori agricoli migranti che vivono in condizioni di privazione dei diritti e di sfruttamento, ossia, vittime del caporalato.²

A tali condizioni estreme, poi, si aggiungono gli strascichi della pandemia: il tasso di occupazione degli stranieri, infatti, ha subito una significativa flessione passando dal 61% del 2019 al 57,3% del 2020. Ne consegue un ulteriore aggravamento della povertà, giunta nel 2020 a riguardare il 29,3% degli stranieri (contro il 7,5% degli italiani) e il 26,7% delle famiglie di soli stranieri (erano il 24,4% nel 2019), pari a ben 415mila nuclei familiari. Nel 2020 la retribuzione media annua dei lavoratori extracomunitari, pari a 12.902 euro, è inferiore del 38% a quella del complesso dei lavoratori.  

Alla luce di quanto detto, appare chiaro come il lavoro per una persona straniera assuma un valore che esula dalla mera fonte di risorse materiali per sopravvivere. Diviene bensì luogo di socializzazione e integrazione, di apprendimento di costruzione di ruoli, status e legami sociali, un mezzo di realizzazione umana. Ed è in quest’ottica che si inserisce l’importanza di costituire imprese sociali, laddove “impresa” diviene lo strumento per generare cambiamento e impatto sociale, non dando semplicemente risposta ai problemi ma contribuendo alla loro risoluzione. ³

La realtà di Beteyà ne è un chiaro esempio. Nata dal progetto Sud – Arte & Design, in occasione del bando “Beni Confiscati 2016” promosso da Fondazione con il Sud, attraverso il quale è stato possibile restituire alla collettività spazi e beni confiscati alla mafia, rappresenta uno dei progetti di sviluppo locale promossi grazie anche al contributo di Associazione Don Bosco 2000, un progetto che è espressione massima e sintesi di coesione e cooperazione tra due differenti contesti culturali come quello africano e quello europeo. Le risorse coinvolte sono i giovani e i migranti: due categorie tra le più fragili per quel che riguarda il settore occupazionale e l’integrazione sociale. Diversi e uniti in una spinta creativa rivolta al futuro.

1 Fonte: Fondazione Ismu, Ventisettesimo Rapporto sulle migrazioni 2021. | 

2 Fonte: www.lavoro.gov.it. | 

3 Fonte: www.socialfare.org.