Nei precedenti articoli abbiamo inquadrato le problematiche relative alla crisi idrica a livello mondiale e, nello specifico, in alcuni Paesi in via di sviluppo. 1 In questo contesto, lo sviluppo dell’agricoltura assume al contempo il ruolo di fattore aggravante e di vittima predestinata dello stress idrico, in particolare nelle aree fortemente colpite da siccità. Secondo l’Ocse, tra il 2008 e il 2018, ad esempio, la siccità è stata la causa principale della diminuzione delle rendite delle coltivazioni e degli allevamenti nei Paesi meno sviluppati e a basso e medio reddito, con danni economici pari a 37 miliardi di dollari. 2 Una efficace gestione delle risorse idriche risulta quindi fondamentale per lo sviluppo sociale ed economico dei Paesi del Sud del mondo. In molti Paesi africani, lo scarso sviluppo della rete idrica contribuisce negativamente anche all’emancipazione delle donne, che restano fortemente legate a sistemi patriarcali che le relegano a sistemi arcaici di raccolta dell’acqua – con viaggi a piedi chilometrici su terreni aridi alla ricerca di bacini acquiferi – senza però conferire loro alcun ruolo decisionale nella gestione delle colture. L’accesso a pozzi e acquedotti ridurrebbe il peso che le donne devono portare in termini di tempo e di fatica fisica, permettendo loro di dedicarsi alle proprie attività, come la coltivazione di ortaggi: il che si tradurrebbe in raccolti più abbondanti e di qualità da destinare alla vendita, nonché in una dieta più sana per i membri della famiglia stessa. 3 Associazione Don Bosco 2000 sta realizzando a Villarosa, sui terreni confiscati alla criminalità organizzata, un impianto di acquaponica, posto all’interno di una serra di 320 metri quadri. Si tratta di un impianto pilota finanziato dalla Regione Siciliana per lo sviluppo di un’agricoltura sociale innovativa. L’intento è formare i migranti arrivati in Italia per far sì che siano in grado di ricreare nel proprio Paese lo stesso sistema e permettere alle famiglie dei villaggi di Tambacounda, in Senegal, di provvedere al proprio sostentamento. Ma in cosa consiste un impianto di acquaponica? Si tratta di metodo che utilizza il connubio tra piante, pesci e batteri. 4 I pesci con le proprie escrezioni forniscono all’apparato radicale delle piante il nutrimento direttamente dall’acqua senza l’uso di un substrato solido come il terreno. In questo sistema gli scarti metabolici, prima di arrivare alle piante, passano attraverso un filtro meccanico e biologico, dove l’acqua viene separata dai rifiuti solidi e dove milioni di batteri nitrificanti, trasformano le deiezioni dei pesci (ammonio e urea) in nitrati. L’acqua contenente i nitrati viene così convogliata nelle vasche di coltivazione. Le piante assorbendo gli elementi di cui hanno bisogno, effettuano una fitodepurazione dell’acqua, che, prima di tornare alle vasche dei pesci entra in una vasca di raccolta dove viene sterilizzata attraverso una lampada UVC che la rende ottimale per le esigenze vitali delle specie ittiche.5 In questo modo, è sempre la stessa acqua ad essere rimessa in circolo, permettendo di risparmiarne un quantitativo pari al 90%. La coltivazione in acqua inoltre, evita l’attacco di patogeni, non rendendo necessario il ricorso a pesticidi. “Questo sistema già attivo a Villarosa”, spiega Daniele Tagnese – agronomo responsabile dell’impianto di Villarosa e della formazione dei ragazzi africani che andranno a riprodurlo nei loro Paesi – “se replicato nei villaggi africani sarebbe in grado di soddisfare, in poco meno di 300 metri quadrati, le esigenze nutrizionali di 60 persone al giorno. Una soluzione sostenibile che consentirebbe di generare prodotti al 100% biologici con un grande risparmio di acqua e di energia”
1 Migrazioni, 15/11/22 |
3 www.un.org |
4 https://video.repubblica.it/edizione/palermo/enna-nella-camera-della-morte-della-mafia-oggi-si-fa-integrazione-e-agricoltura-sociale/427950/428901. |